Ho dedicato alcuni mesi a questo libro perchè ho voluto affrontarne la lettura una pagina dopo l'altra, rileggendo con la stessa attenzione ciò che conoscevo e ciò che non sapevo; è stato estremamente piacevole ritrovare nuove nozioni e qualche conferma scientifica alle sensazioni che ogni ostetrica ha. Non è facile per chi ama l'ostetricia (o meglio la midwifery), approcciarsi alla lettura di uno qualsiasi dei grandi classici sui quali ruota la formazione delle giovani ostetriche. Ogni collega ricorda la fatica di comprendere la meccanica del parto, iniziando da quel termine così lontano dalla realtà e complessità del “venire al mondo”. Mantenere l'attenzione su elementi tanto fisici, ha contribuito a spogliare la nascita dei suoi aspetti psico-sociali riducendola all'evento parto come condizione puramente biologica e riproduttiva, aumentando il tasso di adrenalina degli operatori. La paura dell'evento avverso ha offuscato il migliore antidoto che abbiamo a disposizione: la promozione della salute.
La
lettura del libro “Fisiologiadellanascita – Dai prodromi al post partum” ha il grande
pregio di recuperare ed unire sotto uno sguardo complessivo, tutti
gli aspetti di salute che entrano in gioco durante la nascita.
Esso
riporta in fretta a quei moti che tante volte abbiamo vissuto
vicino
alle donne, recupera descrizioni dei cambiamenti del corpo che
sembrano riemergere dall'epoca pre-industriale, restituisce il
giusto
peso alla qualità delle relazioni, ci proietta in avanti
nell'universo ancora da esplorare della PNEI, riaccende e
legittima
la passione che ci ha condotte a scegliere di stare, sempre e
comunque, là dove i bambini nascono, nella convinzione che ogni
donna meriti di ricevere quanto di meglio l'ostetricia metta a
disposizione della nascita.
Notevole la descrizione delle dinamiche d'equipe, di come i rapporti di potere possano costituire un elemento in grado di modificare l'assistenza, della solitudine necessaria, addirittura doverosa di chi non può fingere di non conoscere le implicazioni del proprio agire. Pagina dopo pagina emerge con forza il tema della responsabilità dei professionisti nei confronti della fisiologia, della resilienza come qualità irrinunciabile, della pazienza empatica, della lentezza, della fiducia e della capacità di stare. La fisiologia da evento possibile solo a posteriori, diventa materia plastica nelle nostre mani di ostetriche che hanno il dovere di saperla promuovere, proteggere e sostenere. Gli strumenti sono quelli che sempre sentiamo necessari ma che raramente vediamo riconosciuti nelle EBM quando queste vengano utilizzate come manuali di istruzioni per l’uso; fattori sottili che fanno la differenza tra una nascita e un feto che esce da un corpo; elementi fragili dell'assistenza, femminili, emotivi e per questo a volte ignorati ridicolizzati, liquidati come inutili coreografie, vengono legittimati da questo testo che dedica i due terzi delle sue 630 pagine, a ribadire come l'arte ostetrica esista ancora e, nonostante sia di più difficile misurazione, sia confermata nella sua efficacia, dalle evidenze. L'inganno della tecnologia come “cintura di sicurezza” dal quale è così facile lasciarsi sedurre, si dissolve e ci riporta ad altri valori: mani che sanno toccare, presenza che integra l’esperienza, responsabilità nel nostro ruolo di custodi; infine scienza che illumina l’agire, ultimo fondamentale tassello al quale spetta a noi dare un volto umano.
Temi quanto mai attuali in questi giorni di paura, proclami e tempestive mosse politiche. La tragedia che ha colpito cinque diverse famiglie è stata immediatamente utilizzata per insinuare che la scienza possa, da sola, salvare le donne. Pochi hanno osservato la difficoltà di comunicazione emersa da alcuni di questi casi, comunicazione per nulla favorita dalle dimensioni della struttura. Comunicare. Una disciplina umanistica che viene individuata come elemento in grado di incidere sulla salute. Ecco il nuovo paradigma: la sicurezza nel parto è prima di tutto conoscenza e continuità in un percorso di promozione della salute, la medicalizzazione da sola non salva nessuno, l’automatismo della clinica con migliaia di parti non è sempre desiderabile e protettivo. I numeri letti con la necessaria riflessione dicono questo: le piccole dimensioni di una struttura come la casa maternità con personale capace di riconoscere e proteggere la fisiologia, con una rete adeguata di servizi di supporto per gestire i casi che richiedono osservazione medica, è l’opzione migliore per tutte le donne sane che vivono una gravidanza normale. La vera sfida tutta da giocare è formare ostetriche in grado di sapersi muovere in un tale contesto. Educare alla normalità anche attraverso un libro che si spera di vedere utilizzato presto nei corsi di laurea e nella stesura dei concorsi.
Notevole la descrizione delle dinamiche d'equipe, di come i rapporti di potere possano costituire un elemento in grado di modificare l'assistenza, della solitudine necessaria, addirittura doverosa di chi non può fingere di non conoscere le implicazioni del proprio agire. Pagina dopo pagina emerge con forza il tema della responsabilità dei professionisti nei confronti della fisiologia, della resilienza come qualità irrinunciabile, della pazienza empatica, della lentezza, della fiducia e della capacità di stare. La fisiologia da evento possibile solo a posteriori, diventa materia plastica nelle nostre mani di ostetriche che hanno il dovere di saperla promuovere, proteggere e sostenere. Gli strumenti sono quelli che sempre sentiamo necessari ma che raramente vediamo riconosciuti nelle EBM quando queste vengano utilizzate come manuali di istruzioni per l’uso; fattori sottili che fanno la differenza tra una nascita e un feto che esce da un corpo; elementi fragili dell'assistenza, femminili, emotivi e per questo a volte ignorati ridicolizzati, liquidati come inutili coreografie, vengono legittimati da questo testo che dedica i due terzi delle sue 630 pagine, a ribadire come l'arte ostetrica esista ancora e, nonostante sia di più difficile misurazione, sia confermata nella sua efficacia, dalle evidenze. L'inganno della tecnologia come “cintura di sicurezza” dal quale è così facile lasciarsi sedurre, si dissolve e ci riporta ad altri valori: mani che sanno toccare, presenza che integra l’esperienza, responsabilità nel nostro ruolo di custodi; infine scienza che illumina l’agire, ultimo fondamentale tassello al quale spetta a noi dare un volto umano.
Temi quanto mai attuali in questi giorni di paura, proclami e tempestive mosse politiche. La tragedia che ha colpito cinque diverse famiglie è stata immediatamente utilizzata per insinuare che la scienza possa, da sola, salvare le donne. Pochi hanno osservato la difficoltà di comunicazione emersa da alcuni di questi casi, comunicazione per nulla favorita dalle dimensioni della struttura. Comunicare. Una disciplina umanistica che viene individuata come elemento in grado di incidere sulla salute. Ecco il nuovo paradigma: la sicurezza nel parto è prima di tutto conoscenza e continuità in un percorso di promozione della salute, la medicalizzazione da sola non salva nessuno, l’automatismo della clinica con migliaia di parti non è sempre desiderabile e protettivo. I numeri letti con la necessaria riflessione dicono questo: le piccole dimensioni di una struttura come la casa maternità con personale capace di riconoscere e proteggere la fisiologia, con una rete adeguata di servizi di supporto per gestire i casi che richiedono osservazione medica, è l’opzione migliore per tutte le donne sane che vivono una gravidanza normale. La vera sfida tutta da giocare è formare ostetriche in grado di sapersi muovere in un tale contesto. Educare alla normalità anche attraverso un libro che si spera di vedere utilizzato presto nei corsi di laurea e nella stesura dei concorsi.
Abbiamo
ancora
bisogno di ostetriche, di riflessione e filosofia,
responsabilità e cura. La scienza non salva senza la nostra
presenza
di operatori capaci di fidarci della normalità.
Laura
Castellarin,
ostetrica.
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